La prescrizione non si cambia per decreto
Dopo la fiducia sull'anticorruzione si è scatenata una furia elettoralisttica che attacca alcuni dei cardini fondamentali del nostro vivere civile: dalla prescrizione dei reati alla partecipazione politica. Se qualcuno invoca la decretazione d'urgenza, il ministro propone un approfondimento dei temi...
Non paghi della fiducia posta dal governo sul ddl anticorruzione - che ha ulteriormente aggravato lo scandalo dei magistrati fuori-ruolo - molti commentatori ed esponenti politici premono in questi giorni sull’acceleratore per l’introduzione lampo , magari attraverso la decretazione d'urgenza, di nuove figure di reato ed istituti volti a limitare la libertà del cittadino ed a stravolgere i principi cardine della giustizia penale. Si è partiti con accuse al ministro guardasigilli di provocare l’abbassamento della prescrizione - invero sufficientemente lunga - di alcuni processi in corso, passando per l’intervento di un Csm sempre lieto di recuperare il proprio ruolo di “terza camera”, fino ad invocare oggi proprio il ricorso al decreto legge per modificare la prescrizione ed altro, sull’onda d’una emergenza tutta virtuale e finalizzata a far introdurre modifiche legislative a tempo record e bypassando ogni dibattito ed approfondimento.
Con riguardo alla querelle sulla concussione per induzione, è assurdo, oltre che contrario alle più elementari regole, pretendere che siano fissate le sanzioni edittali di una fattispecie di reato in ragione delle ricadute pratiche su specifici processi, anziché in diretta relazione con il disvalore sociale della condotta. Non è pertanto pensabile che la condotta di induzione possa essere sanzionata al pari della costrizione solo per scongiurare la prescrizione in taluni processi, per di più una volta operata la scelta più grave, ossia di sussumerla nella categoria della concussione invece che in quella della corruzione . Le leggi “ad personam“ non sono vituperate o meno a seconda di chi siano le “persone” interessate.
Non è inoltre pensabile che si possa intervenire in modo affrettato e grossolano sulla disciplina della prescrizione del reato, che è un istituto di civiltà giuridica e non una maniglia per azzeccagarbugli. Il processo che dura all’infinito è tipico dei regimi totalitari, che non conoscono redenzione ed oblio, e d’altronde il rischio prescrizione non può diventare la scusa per ridurre le garanzie del cittadino. Gli avvocati penalisti concordano che occorra sistemare la materia, ma le frettolose proposte buttate in questi giorni sul tavolo sembrano volte ad allargare a dismisura quel vero e proprio buco nero che sono le indagini preliminari, dove i pubblici ministeri fanno dormire i fascicoli anche per anni e nella più totale opacità, per contingentare i tempi del dibattimento pubblico a scapito dei diritti di difesa, che solo in quella fase – peraltro l’unica trasparente – trovano attuazione. In questo senso è apprezzabile la proposta del Ministro Severino di approfondire la materia e, comunque, di non imboccare la via di “urgenza” invocata da più parti, e da alcuni esponenti politici in particolare oggi, attesa la delicatezza del tema.
Un’ultima considerazione meritano le ipotesi di ineleggibilità per chi abbia pendenze giudiziarie, anche queste rilanciate in maniera parossistica alla ricerca di una rinnovata credibilità da conquistarsi a scapito della civiltà giuridica. L’Unione delle Camere Penali ricorda a tutti che, anche qui, la presunzione di non colpevolezza, scritta nella nostra Costituzione all’art. 27, non è un enunciato vuoto, ma un principio di civiltà giuridica che non si può sacrificare per l’attuale clima da ordalia elettorale. I diritti politici delle persone non sono meno inviolabili di altri, semmai di più, e non si vede come possano essere sacrificati in base a meri automatismi che non tengono conto, da una parte, dell’alta percentuale di indagini giudiziarie avviate e finite nel nulla, dall’altra parte, della strumentalità e della lunghezza che tali indagini possono avere senza la benché minima possibilità per alcuno, nemmeno per il giudice, di accelerarne i tempi e farle giungere velocemente all’accertamento giurisdizionale.
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